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Come coinvolgere i dipendenti per dare una spinta alla pagina LinkedIn aziendale

Come coinvolgere i dipendenti per dare una spinta alla pagina LinkedIn aziendale 1280 854 AlbertoFalchi

Tra le funzionalità più utili offerte da LinkedIn, troviamo sicuramente la possibilità di creare una pagina aziendale per spiegare nel dettaglio quali sono i valori, i servizi, i prodotti e le novità dell’azienda. Con gli oltre 850 milioni di utenti al mondo, LinkedIn è sicuramente la piattaforma perfetta per la creazione e la gestione di contenuti social indirizzati ai professionisti.

Per questo motivo avere una pagina aziendale è importante se vuoi aumentare la visibilità e la reputazione sia sul web sia sui social media: un profilo aziendale LinkedIn ben curato può attirare l’attenzione e l’interesse di milioni di utenti che usano la piattaforma ogni giorno per informarsi e interagire con il mondo professionale. La pagina aziendale può essere usata quindi come strumento di comunicazione, engagement, fidelizzazione e conversione per il pubblico di riferimento.

Dipendenti, colleghi e collaboratori

I profili aziendali LinkedIn sono utilizzati da diverse categorie di utenti, sia interni sia esterni all’organizzazione. Gli utenti esterni sono tutte quelle figure “potenziali” (clienti, dipendenti e partner) che usano il profilo aziendale per conoscere meglio i prodotti, i servizi, la storia e la cultura dell’impresa stessa. Gli utenti interni, invece, sono i dipendenti, i dirigenti e i collaboratori dell’impresa: sono proprio questi coloro che dovrebbero interagire con il profilo aziendale per condividere le esperienze, le competenze, i successi e i valori con la comunità di LinkedIn.

Ma come fare per coinvolgere i propri utenti interni nella vita social del profilo aziendale? Innanzitutto, definiamo bene la terminologia. Spesso i vocaboli “dipendente” “collaboratore” e “collega” vengono usati come sinonimi perché si riferiscono a persone che lavorano insieme in un’azienda o a un progetto: in verità sappiamo invece che sono realtà sostanzialmente differenti fra loro. Il dipendente è colui che ha un rapporto di subordinazione con il suo datore di lavoro, il quale gli assegna compiti precisi da svolgere secondo regole e condizioni stabilite dal contratto. Il dipendente ha anche diritto a una serie di benefici e tutele previsti dalla legge, come la sicurezza sul lavoro, le ferie, le coperture assicurative, i periodi di malattia ecc. I dipendenti sono impiegati dalle organizzazioni per avere una forza lavoro qualificata e motivata, che possa svolgere le attività necessarie al funzionamento e allo sviluppo dell’organizzazione stessa. Il collega, invece, è una persona che ha un rapporto paritario con un altro lavoratore: con questo condivide competenze, esperienze e medesimi obiettivi professionali. Due lavoratori dipendenti possono essere colleghi fra loro. Allo stesso modo due lavoratori autonomi che operano nel medesimo settore sono ugualmente colleghi. Il collaboratore, d’altra parte, è una persona che partecipa a un progetto o a un’attività insieme ad altre persone: un collaboratore ha quindi un rapporto di cooperazione con altre persone, con le quali contribuisce al raggiungimento di un obiettivo comune. I collaboratori possono essere sia interni sia esterni all’azienda e generalmente sono impiegati come risorse aggiuntive in grado di portare valore aggiunto all’intero processo o al prodotto finale. Per lo scopo di questo articolo i termini collega, dipendente e collaboratore saranno usati come sinonimi, anche se, come appena detto, ognuno ha differenze sostanziali rispetto agli altri.

Come un brand ambassador

Brand Ambassador

Per quanto riguarda la pagina aziendale LinkedIn, sappiamo che per sfruttarla al meglio non è sufficiente limitarsi alla sola pubblicazione di contenuti: per ottenere il massimo è necessario anche coinvolgere i dipendenti e farli diventare dei veri e propri brand ambassador. Sappiamo che il brand ambassador è una persona che rappresenta e promuove il brand di un’azienda in modo positivo, contribuendo ad accrescere la consapevolezza e la reputazione del brand stesso. Un brand ambassador può essere un influencer esterno, pagato per sponsorizzare un prodotto o un servizio, ma può anche essere un dipendente interno che condivide la sua esperienza e la sua passione per l’azienda in cui lavora.

Quest’ultimo caso è quello che ci interessa, perché i dipendenti sono i testimoni diretti della cultura e dei valori aziendali, e sono le persone più indicate a trasmettere autenticità e fiducia. Coinvolgere i collaboratori e stimolarli a interagire con il profilo aziendale richiede sia una strategia ben definita sia un’attenzione costante da parte dell’organizzazione.

Benché non sufficiente, è sicuramente indispensabile creare una pagina aziendale LinkedIn che sia attraente, aggiornata e coerente con l’identità e gli obiettivi aziendali: oltre a usare il nome, il logo, e una copertina adeguata, dovresti aggiungere una descrizione che rappresenti al meglio la tua azienda e i valori condivisi da dipendenti. Sarebbe bene anche che tu pubblicassi contenuti interessanti e pertinenti per il tuo pubblico di riferimento perché le novità, le storie, i prodotti, i servizi, le opportunità di carriera sono argomenti che portano sempre valore qualunque sia la strategia di marketing che desideri adottare.

Un passo alla volta

Per coinvolgere i dipendenti e spronarli a connettersi con il profilo dell’azienda dovresti partire comunicando loro chiaramente della sua esistenza, invitandoli gentilmente a visitarla e a seguirla. Tieni sempre a mente però che tutti i collaboratori dovrebbero essere sempre liberi di decidere se partecipare o meno: se tu li forzassi potresti ottenere il risultato opposto, e invece di stimolare e favorire un sano senso di appartenenza corporativa, potresti far nascere un crescente senso di costrizione che non porterebbe alcun vantaggio per nessuno, specialmente alla tua pagina aziendale.

Tenendo questo a mente, potresti creare un gruppo su LinkedIn dove condividere i post appena pubblicati e invitare i colleghi a commentarli o a suggerire nuovi argomenti. Dovresti anche raccogliere i feedback, promuovendo la partecipazione a sondaggi per raccogliere le opinioni e le idee dei tuoi collaboratori per valutare l’efficacia della tua strategia di coinvolgimento.

Ricorda che i dipendenti hanno in media 10 volte più connessioni dei profili aziendali, quindi se condividono i contenuti dell’impresa per cui lavorano possono raggiungere un pubblico ampio e diversificato. I post condivisi dai dipendenti, inoltre, ricevono in media il doppio delle interazioni rispetto ai contenuti pubblicati dai profili aziendali: questo succede perché sono percepiti dal pubblico come più autentici e personali. Per tutti questi motivi se i dipendenti, su LinkedIn, parlassero bene del posto dove lavorano, potrebbero sicuramente influenzare positivamente con più facilità l’opinione degli altri utenti.

Tieni presente che nessuno nasce sapendo fare tutto, anzi: dovresti quindi fornire ai tuoi dipendenti gli strumenti e le informazioni necessarie per interagire al meglio con la tua pagina aziendale. Per esempio, potresti mostrare loro come rendere il proprio profilo più attraente, come creare post che catturino l’attenzione, come sfruttare gli hashtag, come relazionarsi con gli altri utenti, e così via. Per facilitare questo compito, potresti anche creare una libreria di contenuti già pronti da condividere su LinkedIn, come articoli, video, infografiche, case study, testimonianze, eccetera.

Per mantenere alta la motivazione e la partecipazione dei dipendenti, è quindi importante apprezzare il loro impegno e il loro contributo: per farlo potresti adottare diverse strategie, come ad esempio ringraziarli davanti a tutti, evidenziare i loro risultati, taggarli o citarli nei post, offrire loro premi o benefit e così via.

Coinvolgere i dipendenti come brand ambassador su LinkedIn è una strategia vincente per le aziende che vogliono aumentare la loro visibilità e la loro reputazione online. I dipendenti sono infatti i migliori portavoce del brand, perché sono in grado di trasmettere fiducia e credibilità al pubblico di LinkedIn. Per farlo, però, bisogna creare una strategia adeguata che li formi, li supporti e li premi per il loro ruolo di ambasciatori del brand.

Employer Branding: i KPI e le metriche per misurare il tuo successo

Employer Branding: i KPI e le metriche per misurare il tuo successo 1555 982 AlbertoFalchi

Quando si parla di business è fondamentale che i progressi siano misurabili in maniera chiara ed efficace. Questo vale anche per l’employer branding, benché faccia riferimento a una sfera di attività non immediatamente riconducibile ai numeri. Per misurare i progressi in questo ambito ci vengono in aiuto i KPI (Key Performance Indicators), ovvero gli indicatori chiave delle performance. Sviluppati negli anni ’90, come strumento per misurare il successo aziendale, analizzano i fattori chiave di aree specifiche per fornire un quadro delle prestazioni aziendali che influiscono sul successo dell’azienda. I KPI hanno l’obiettivo di identificare e monitorare i fattori chiave come la qualità del servizio, la soddisfazione del cliente, la produttività, l’efficienza e via dicendo. Per fortuna grazie alla rivoluzione digitale, è diventato sempre più facile raccogliere e analizzare i dati necessari per ottenere misure affidabili e basate sui dati.

Gli indicatori chiave di produttività sono indubbiamente un argomento molto vasto e sfaccettato, per questo occorre conoscerne le basi per poterne valutare l’impatto delle strategie di employer branding.

Esistono infatti sottocategorie di KPI specifiche che possono essere suddivise sia in base alla “quantità” sia in base alla “qualità”, a seconda che si basino su valori numerici oppure su valutazioni soggettive.

Le caratteristiche chiave dei KPI

Per essere efficaci, i Key Performance Indicators (KPI) devono avere le seguenti caratteristiche:

  • Misurabilità: devono essere facilmente misurabili e quantificabili numericamente
  • Specificità: devono essere specifici e riferirsi a obiettivi ben definiti
  • Obiettività: devono essere oggettivi e basati su dati certi
  • Temporalità: devono avere una cadenza temporale definita (giornaliera, settimanale ecc)
  • Rilevanza: devono essere pertinenti e rilevanti per gli obiettivi aziendali.
  • Affidabilità: devono fornire risultati coerenti e affidabili nel tempo.
  • Facilità d’uso: devono essere facilmente comprensibili e utilizzabili da tutti i dipendenti.

L’employer branding si riferisce all’immagine che un’azienda ha come datore di lavoro, cioè si riferisce alla percezione che gli attuali e potenziali dipendenti hanno sia del posto di lavoro sia della cultura aziendale. Non solo: le strategie di employer branding hanno come obiettivo principale la creazione di un’immagine positiva dell’azienda per attrarre i migliori talenti e aumentare la fidelizzazione di chi è già assunto.

Nello specifico, il cosiddetto employer branding interno, si concentra sul coinvolgimento e sulla motivazione degli attuali dipendenti attraverso un ambiente di lavoro positivo in cui le opportunità di crescita si uniscono a una comunicazione trasparente con i dipendenti. In questa specifica strategia di employer branding è perciò necessario scegliere i KPI adeguati e misurare le metriche appropriate in modo da identificare le opportunità di miglioramento e monitorare i progressi nel tempo. Per quanto riguarda l’employer branding interno, è bene tenere traccia delle iniziative e degli eventi aziendali che hanno lo scopo quello di migliorare la cultura aziendale e di rafforzare il legame tra i dipendenti e l’azienda. Le iniziative possono includere giornate di formazione, attività di gruppo, eventi sociali e altro ancora.

I KPI da tenere sotto controllo

Ma quindi quali KPI dovresti misurare? Per quanto riguarda l’employer branding ecco alcuni KPI che potresti voler misurare:

Tasso di assunzione: questa metrica misura il numero percentuale di candidati effettivamente assunti rispetto al numero totale dei candidati totali che hanno fatto richiesta di assunzione. Ma cosa ti significa esattamente questo valore in relazione al tuo employer branding? Se ad esempio avessi un tasso di assunzione elevato, allora significherebbe che l’azienda, agli occhi dei candidati, avrebbe un’immagine positiva e sarebbe percepita come posto di lavoro desiderabile che offre condizioni di lavoro attraenti con una cultura aziendale positiva.

Tasso di turnover: questa metrica indica, rispetto al totale dei dipendenti, la percentuale dei dipendenti che hanno lasciato l’azienda. È un valore che viene abbastanza comunemente preso in considerazione, sia dai dipendenti stessi sia dai clienti, specialmente se va a colpire i dipendenti a contatto con un pubblico più o meno abituale. Un tasso di turnover elevato quindi, sempre analizzato da un punto di vista di employer branding, indica sia una bassa fidelizzazione dei dipendenti sia una probabile miopia aziendale: nello specifico, per quanto riguarda la parte strettamente aziendale, potrebbe essere indice di incapacità, durante la fase di assunzione, nel riconoscere i candidati più adatti a svolgere la mansione, sia, una volta assunti, di valorizzare gli stessi all’interno del contesto aziendale. Appare qui evidente come le strategie di employer branding possano essere un valido aiuto per individuare problematiche a monte nell’organizzazione della tua azienda.

Tasso di partecipazione alle attività di team building: questo importante KPI valuta l’engagement e la motivazione dei dipendenti oltre che la loro capacità di lavorare in team e di costruire relazioni sociali interne positive. Può essere calcolato come rapporto tra il numero di dipendenti che hanno partecipato a una determinata attività di team building e il numero totale di dipendenti dell’azienda. Questo KPI è un importante indicatore del successo delle iniziative di employer branding interno dell’azienda, poiché la partecipazione è direttamente correlata all’engagement complessiva dei dipendenti. Un tasso di partecipazione alle attività di team building elevato elevato indica che i dipendenti sono motivati e coinvolti nell’azienda, mentre un tasso basso può essere indicatore di un ambiente lavorativo poco stimolante per la crescita personale e professionale dei dipendenti.

Traffico sul sito web dell’azienda: questa metrica comunemente usata per valutare l’efficacia delle strategie marketing, fornisce anche ottimi dati per valutare le strategie di employer branding. Misurando il numero di visite sul sito web dell’azienda, puoi valutare l’andamento del traffico come un andamento dell’interesse per l’azienda come datore di lavoro. Il traffico può essere misurato in molteplici modi, ad esempio tramite il numero di visite uniche al sito web, il tempo trascorso sul sito da parte degli utenti o il numero di pagine viste per sessione. Ovviamente, nel tuo caso non saranno le pagine relative a prodotti o servizi quelle da controllare, ma quelle della sezione dove indichi le posizioni aperte. Queste metriche possono aiutare a capire se le strategie di employer branding stanno attirando l’attenzione del pubblico giusto e se gli utenti stanno interagendo con il sito web in modo rilevante per il tuo obiettivo.

Le aziende che si avvalgono dei KPI per valutare la qualità del proprio employer branding sono davvero tante, vale la pena di ricordare Glassdoor, la piattaforma online che fornisce informazioni sulle aziende (anche grazie alle valutazioni anonime dei dipendenti) che ha fatto dell’employer branding e dell’uso dei KPI un punto di forza in grado di attirare l’attenzione sia di aziende sia di lavoratori. Si tratta prevalentemente di uno strumento di valutazione. Se invece sei alla ricerca di uno strumento per attivare e misurare le tue strategie di employer branding, c’è Link & Lead, una piattaforma per stimolare l’engagement dei tuoi dipendenti. Basata su un algoritmo proprietario, fa leva sul concetto di gamification per trasformare i tuoi collaboratori in brand ambassador.

In sintesi, i KPI sono strumenti preziosi per misurare il successo delle strategie di employer branding, specialmente nella nuova era post covid in quanto il tasso di abbandono del lavoro si è impennato vertiginosamente rispetto agli anni passati e il mismatch tra richiesta e offerta di lavoro sta segnando pesantemente la produttività in diversi settori dell’economia nostrana.