Quando si parla di business è fondamentale che i progressi siano misurabili in maniera chiara ed efficace. Questo vale anche per l’employer branding, benché faccia riferimento a una sfera di attività non immediatamente riconducibile ai numeri. Per misurare i progressi in questo ambito ci vengono in aiuto i KPI (Key Performance Indicators), ovvero gli indicatori chiave delle performance. Sviluppati negli anni ’90, come strumento per misurare il successo aziendale, analizzano i fattori chiave di aree specifiche per fornire un quadro delle prestazioni aziendali che influiscono sul successo dell’azienda. I KPI hanno l’obiettivo di identificare e monitorare i fattori chiave come la qualità del servizio, la soddisfazione del cliente, la produttività, l’efficienza e via dicendo. Per fortuna grazie alla rivoluzione digitale, è diventato sempre più facile raccogliere e analizzare i dati necessari per ottenere misure affidabili e basate sui dati.
Gli indicatori chiave di produttività sono indubbiamente un argomento molto vasto e sfaccettato, per questo occorre conoscerne le basi per poterne valutare l’impatto delle strategie di employer branding.
Esistono infatti sottocategorie di KPI specifiche che possono essere suddivise sia in base alla “quantità” sia in base alla “qualità”, a seconda che si basino su valori numerici oppure su valutazioni soggettive.
Le caratteristiche chiave dei KPI
Per essere efficaci, i Key Performance Indicators (KPI) devono avere le seguenti caratteristiche:
- Misurabilità: devono essere facilmente misurabili e quantificabili numericamente
- Specificità: devono essere specifici e riferirsi a obiettivi ben definiti
- Obiettività: devono essere oggettivi e basati su dati certi
- Temporalità: devono avere una cadenza temporale definita (giornaliera, settimanale ecc)
- Rilevanza: devono essere pertinenti e rilevanti per gli obiettivi aziendali.
- Affidabilità: devono fornire risultati coerenti e affidabili nel tempo.
- Facilità d’uso: devono essere facilmente comprensibili e utilizzabili da tutti i dipendenti.
L’employer branding si riferisce all’immagine che un’azienda ha come datore di lavoro, cioè si riferisce alla percezione che gli attuali e potenziali dipendenti hanno sia del posto di lavoro sia della cultura aziendale. Non solo: le strategie di employer branding hanno come obiettivo principale la creazione di un’immagine positiva dell’azienda per attrarre i migliori talenti e aumentare la fidelizzazione di chi è già assunto.
Nello specifico, il cosiddetto employer branding interno, si concentra sul coinvolgimento e sulla motivazione degli attuali dipendenti attraverso un ambiente di lavoro positivo in cui le opportunità di crescita si uniscono a una comunicazione trasparente con i dipendenti. In questa specifica strategia di employer branding è perciò necessario scegliere i KPI adeguati e misurare le metriche appropriate in modo da identificare le opportunità di miglioramento e monitorare i progressi nel tempo. Per quanto riguarda l’employer branding interno, è bene tenere traccia delle iniziative e degli eventi aziendali che hanno lo scopo quello di migliorare la cultura aziendale e di rafforzare il legame tra i dipendenti e l’azienda. Le iniziative possono includere giornate di formazione, attività di gruppo, eventi sociali e altro ancora.
I KPI da tenere sotto controllo
Ma quindi quali KPI dovresti misurare? Per quanto riguarda l’employer branding ecco alcuni KPI che potresti voler misurare:
– Tasso di assunzione: questa metrica misura il numero percentuale di candidati effettivamente assunti rispetto al numero totale dei candidati totali che hanno fatto richiesta di assunzione. Ma cosa ti significa esattamente questo valore in relazione al tuo employer branding? Se ad esempio avessi un tasso di assunzione elevato, allora significherebbe che l’azienda, agli occhi dei candidati, avrebbe un’immagine positiva e sarebbe percepita come posto di lavoro desiderabile che offre condizioni di lavoro attraenti con una cultura aziendale positiva.
Tasso di turnover: questa metrica indica, rispetto al totale dei dipendenti, la percentuale dei dipendenti che hanno lasciato l’azienda. È un valore che viene abbastanza comunemente preso in considerazione, sia dai dipendenti stessi sia dai clienti, specialmente se va a colpire i dipendenti a contatto con un pubblico più o meno abituale. Un tasso di turnover elevato quindi, sempre analizzato da un punto di vista di employer branding, indica sia una bassa fidelizzazione dei dipendenti sia una probabile miopia aziendale: nello specifico, per quanto riguarda la parte strettamente aziendale, potrebbe essere indice di incapacità, durante la fase di assunzione, nel riconoscere i candidati più adatti a svolgere la mansione, sia, una volta assunti, di valorizzare gli stessi all’interno del contesto aziendale. Appare qui evidente come le strategie di employer branding possano essere un valido aiuto per individuare problematiche a monte nell’organizzazione della tua azienda.
Tasso di partecipazione alle attività di team building: questo importante KPI valuta l’engagement e la motivazione dei dipendenti oltre che la loro capacità di lavorare in team e di costruire relazioni sociali interne positive. Può essere calcolato come rapporto tra il numero di dipendenti che hanno partecipato a una determinata attività di team building e il numero totale di dipendenti dell’azienda. Questo KPI è un importante indicatore del successo delle iniziative di employer branding interno dell’azienda, poiché la partecipazione è direttamente correlata all’engagement complessiva dei dipendenti. Un tasso di partecipazione alle attività di team building elevato elevato indica che i dipendenti sono motivati e coinvolti nell’azienda, mentre un tasso basso può essere indicatore di un ambiente lavorativo poco stimolante per la crescita personale e professionale dei dipendenti.
Traffico sul sito web dell’azienda: questa metrica comunemente usata per valutare l’efficacia delle strategie marketing, fornisce anche ottimi dati per valutare le strategie di employer branding. Misurando il numero di visite sul sito web dell’azienda, puoi valutare l’andamento del traffico come un andamento dell’interesse per l’azienda come datore di lavoro. Il traffico può essere misurato in molteplici modi, ad esempio tramite il numero di visite uniche al sito web, il tempo trascorso sul sito da parte degli utenti o il numero di pagine viste per sessione. Ovviamente, nel tuo caso non saranno le pagine relative a prodotti o servizi quelle da controllare, ma quelle della sezione dove indichi le posizioni aperte. Queste metriche possono aiutare a capire se le strategie di employer branding stanno attirando l’attenzione del pubblico giusto e se gli utenti stanno interagendo con il sito web in modo rilevante per il tuo obiettivo.
Le aziende che si avvalgono dei KPI per valutare la qualità del proprio employer branding sono davvero tante, vale la pena di ricordare Glassdoor, la piattaforma online che fornisce informazioni sulle aziende (anche grazie alle valutazioni anonime dei dipendenti) che ha fatto dell’employer branding e dell’uso dei KPI un punto di forza in grado di attirare l’attenzione sia di aziende sia di lavoratori. Si tratta prevalentemente di uno strumento di valutazione. Se invece sei alla ricerca di uno strumento per attivare e misurare le tue strategie di employer branding, c’è Link & Lead, una piattaforma per stimolare l’engagement dei tuoi dipendenti. Basata su un algoritmo proprietario, fa leva sul concetto di gamification per trasformare i tuoi collaboratori in brand ambassador.
In sintesi, i KPI sono strumenti preziosi per misurare il successo delle strategie di employer branding, specialmente nella nuova era post covid in quanto il tasso di abbandono del lavoro si è impennato vertiginosamente rispetto agli anni passati e il mismatch tra richiesta e offerta di lavoro sta segnando pesantemente la produttività in diversi settori dell’economia nostrana.